Il Bisogno è Verità

Il Bisogno è Verità

Ogni progetto parte con una analisi del contesto e dei bisogni. In questo post vedremo come analizzare i bisogni, come classificarli e come abbinarli alle soluzioni più adatte.

 

L’evoluzione dei Bisogni

Per capire come analizzare i bisogni, dobbiamo partire dall’assunto che la percezione dei bisogni cambia nel tempo.

All’inizio, la pubblicità delle automobili si basava sulla competitività del prezzo. Il signor Ford voleva che il prezzo delle sue automobili fosse sufficientemente basso da renderle accessibili al portafoglio dell’americano medio. Anche in Italia, le case automobilistiche avevano nei loro cataloghi i modelli popolari: la Topolino, la 500, la 126.

A un certo punto, la concorrenza sul prezzo non era più fondamentale e le pubblicità parlarono di prestazioni, di chilometri al litro, di “da zero a cento”, di servosterzo.

Poi anche questo non sembrò più interessare i pubblicitari e allora si parlò di comfort, di optional, di climatizzazione, di sensori, di Hi-Fi e di Wi-Fi. 

Qualcuno si è spinto persino ad affermare che la nostra automobile è l’incarnazione del nostro desiderio di libertà e ci ha regalato immagini di terre selvagge da esplorare protetti nell’ambiente domestico della nostra confortevole auto, con l’aria condizionata a palla e avvolti dalla musica del nostro impianto stereo.

Eppure il mondo è fatto di ingorghi, di inquinamento, di parcheggi in doppia fila. E il fantasma della libertà, si scontra con il demone della responsabilità.

Ecco perché, recentemente, le pubblicità delle auto parlano di ecologia. Se il mondo vuole essere Green, dice una di queste, allora anche le nostre auto devono esserlo.

Nel mondo del marketing l’automobile è stata venduta come mezzo per soddisfare bisogni diversi a seconda di società diverse.

Progettazione e Bisogni

La letteratura tecnica della progettazione si riferisce tanto a Bisogni che a Problemi. Il legame tra i due concetti è intuitivo e in alcuni casi i termini sono usati in modo alternativo, come fossero sinonimi.

Nella conversazione quotidiana diciamo: 

Se non riesco a soddisfare un mio bisogno, questo è un bel problema.

In realtà il bisogno è il sintomo, la conseguenza, l’effetto di una mancanza che è il problema.

Questa distinzione ha conseguenze sulle azioni che progetto. 

Il problema di un’alimentazione corretta (quindi la mancanza di una corretta alimentazione) può essere soddisfatto progettando una distribuzione di alimenti, una politica di prezzi o una campagna di formazione. Gli effetti di questa alimentazione scorretta possono essere in tal modo mitigati o risolti.

Un comportamento alimentare scorretto, però, ha altre conseguenze: la nascita di patologie, che da un lato si rifletta sulla qualità generale della vita dell’individuo, ma anche sulla catena dei servizi sanitari e dei relativi costi.

A questo punto, qual è il problema che il mio progetto vuole risolvere? il volume delle risorse destinato alle cure delle malattie croniche? l’affollamento dei servizi sanitari? il peggioramento della qualità della vita? le patologie legate all’alimentazione?

 

Il bisogno di chi?

Altro elemento da tenere presente è il “proprietario” del bisogno. Dobbiamo cioè rispondere alla domanda: di chi è il bisogno?

Nella pratica, capita spesso che alla domanda sul bisogno che si vuole soddisfare, la risposta sia:

ho bisogno di soldi/strumenti/personale/sostegno per la mia attività.

Nessuno può negare che questo sia un bisogno primario, espressione di quello più fondamentale e originario della sopravvivenza. Ma non è mai la risposta a questo tipo di domanda. È necessario tenerne conto, perché potrebbe aiutarci a scartare soluzioni che non si adattano alle nostre capacità o necessità, ma non è la risposta su cui costruire un progetto. Il motivo è chiaro. Il mio bisogno personale, non risponde a un’esigenza collettiva e quindi le azioni che intraprendo, nella migliore delle ipotesi, interesseranno a pochi e, nella peggiore, a nessuno.

Provate a tradurlo in termini di mercato e il ragionamento è estremamente evidente.

Un importante proprietario del bisogno

La domanda sui bisogni, però, prevede una risposta che va trovata all’esterno

Voglio dire che il bisogno solitamente è quello di una collettività o di un momento specifico. Spesso è un bisogno generalmente riconosciuto, la cui portata e conseguenze sono ampiamente condivise.

Ma chi ha deciso di affrontare in certi termini proprio quel problema?

Il bisogno, quindi, è anche del contributore, che ha scelto di affrontare quel problema specifico in base a una valutazione interna. Per i grandi enti pubblici (Europa, Stato e Regioni) le scelte si basano sulle politiche sociali ed economiche; per altri enti, sulla loro mission, quindi su scelte che in alcuni casi sono precedenti all’insorgere del bisogno specifico.

Posto in questi termini teorici il discorso rischia di essere astruso. Proviamo a fare un esempio.

L’analfabetismo funzionale è un problema riconosciuto (il bisogno corrispondente è un miglioramento delle capacità di lettura e comprensione). I dati ci dicono che è diffuso e in crescita e che ha effetti tragici sulla capacità di comprendere le istruzioni di un elettrodomestico o, altrettanto drammaticamente, il senso di un post su facebook.

Un ente pubblico può decidere di affrontarlo sovvenzionando progetti contro la dispersione scolastica, la promozione della cultura, la formazione, che rispondano a un più ampio piano di sviluppo generale.

Una fondazione privata che statutariamente deve erogare contributi per il sostegno della letteratura fantascientifica (è un’ipotesi bizzarra e demodé) proporrà strumenti erogativi che influiranno sulla lotta all’analfabetismo funzionale attraverso iniziative con connotati particolari (convegni, traduzioni, scambi letterari, esperimenti transmediali).

A uno stesso bisogno, quindi, andranno applicate strategie diverse a seconda del soggetto erogatore.

 

I portatori di Bisogni

Sia che si voglia realizzare un prodotto commerciale, sia che si voglia affrontare un problema sociale, l’ascolto del bisogno è il punto di partenza.

Faccio qualcosa perché è utile a qualcuno; vendo qualcosa perché qualcuno lo desidera.

La mia identità arriva solo in questo momento; serve per affermare: io ho la soluzione e ho i mezzi per realizzarla.

Ma come si fa a capire quali sono i bisogni? Come si distinguono tra loro i bisogni e i gruppi interessati?

Bisogni primari e secondari

Fin dagli anni Cinquanta, la psicologia ha creato delle gerarchie di bisogni. La rappresentazione più diffusa di questa gerarchia è quella che è indicata con il nome di Piramide dei bisogni di Maslow. In questo schema i bisogni vengono catalogati a partire da quelli fisiologici, la cui mancata soddisfazione è letale (respirare, cibarsi, dormire), via via verso quelli più sociali legati alla propria realizzazione. I gradi individuati sono cinque (fisiologia, sicurezza, appartenenza, stima, autorealizzazione).

Per i nostri fini, dobbiamo utilizzare un altro approccio. La distinzione che ci serve è quella tra bisogni primari e bisogni secondari. Vale a dire tra bisogni originali e bisogni derivati.

Facciamo subito un esempio. 

Ho sete, bisogno primario. Voglio dell’acqua, bisogno secondario.

Ottengo dell’acqua, soddisfo il bisogno secondario e quindi anche quello primario.

Tuttavia potrei anche ricevere un’altra bibita. Non soddisfo il bisogno secondario, ma comunque quello primario e quindi sono comunque appagato.

E se dicessi:

Ho sete, bisogno primario. Voglio dell’aranciata ghiacciata, bisogno secondario.

Sono così sicuro, che se ottenessi dell’acqua mi direi soddisfatto?

Se è così, allora il bisogno secondario è espressione reale del bisogno primario. Se, invece, solo l’aranciata ghiacciata soddisfa il mio bisogno, la realtà è che il mio bisogno primario non è la sete, ma qualcos’altro.

Capire la vera relazione tra bisogni è la chiave per individuare soluzioni efficaci.

Rapporto tra  bisogni e soluzioni

Spesso, quello che viene definito Il Bisogno è, in realtà, solamente un bisogno secondario. In altre parole viene dichiarato un bisogno, che è solo subordinato al bisogno reale che dovrei soddisfare per risolvere il problema.

Come nel caso dell’aranciata, a fronte del bisogno dichiarato di volere una maggiore offerta di cinema in streaming, potrebbe esserci la reale necessità di occupare meglio il mio tempo libero. Per cui un investimento massiccio per aumentare l’offerta di film può essere una risposta, ma non necessariamente la più efficiente. A un costo inferiore, ad esempio, si potrebbero offrire altre forme di svago, di interazione sociale o addirittura di impegno lavorativo, altrettanto soddisfacenti.

La catena dei bisogni

È necessario, quindi, risalire la catena dei bisogni. Cercare di individuare i bisogni primari che si nascondono dietro i bisogni secondari o a quelli dichiarati.

Immaginiamoci di trovarci di fronte a una richiesta di contenuti migliori o diversi di un portale web. Lo scopo non è di arrivare a dire: 

ecco, vedi, io so quello che veramente vuoi. Mi chiedi contenuti più interessanti, ma in realtà vuoi solo una connessione più veloce.

Sarebbe inutile spocchia.

Lo scopo è quello di analizzare le possibilità e di sfrondare le soluzioni più difficili e meno efficaci.

Ma come analizzare i bisogni?

Rimandiamo a un altro post articolato la risposta. Qui è opportuno tenere a mente che l’analisi dei bisogni parte dalla raccolta e dal confronto dei dati. E i dati si collezionano attraverso la consultazione di ricerche e statistiche; costruendo questionari; organizzando interviste e mappando gli stakeholder.

Nella catena dei bisogni, hanno il loro posto due categorie speciali: i bisogni indotti e quelli inconsapevoli.

 

bisogni indotti

Non sono bisogni originari, ma sono comunque rilevanti. Sono i bisogni che riconosciamo come fondamentali perché fanno parte della cultura in cui ci si identifica o della moda del momento. Sono delle risposte suggerite a problemi effettivi. 

La suggestione può essere frutto di manipolazione (la pubblicità sa bene spiegarmi come io sia infelice perché non ho mai acquistato un determinato profumo). Ma anche derivare da naturale conformismo (quando la maggior parte dei miei amici frequenta spesso un ristorante giapponese, scopro dei momenti in cui sento la necessità di mangiare sushi).

Questo tipo di bisogno va tenuto in considerazione perché modifica il modello di consumo, Mi obbliga a tener conto che, nella loro allocazione, è indispensabile riservare una fetta di risorse per questa tipologia di bisogni.

Nella scala di valori, il bisogno indotto è percepito molto più urgente di un bisogno primario, al punto che possiamo confonderli.

 

bisogni inconsapevoli

Altro tipo di bisogno è quello che pur essendo fondamentale, non è percepito. Non ha a che fare con la mia stretta sopravvivenza e si colloca, invece,  nell’ambito della realizzazione personale e sociale.

Un bambino non percepisce come bisogno primario imparare l’aritmetica e una lingua straniera. Tuttavia sappiamo che per la sua realizzazione personale e per la qualità della sua vita futura apprendere questi strumenti è molto importante. Lo stesso dicasi per una sana alimentazione, per una corretta attività fisica, per la frequentazione con le buone letture.

Come per le medicine. Da bambini ci dicevano che erano cattive, ma che ci avrebbero fatto tanto bene. Qualcuno di responsabile si stava prendendo cura di noi.

E questa responsabilità ci porta al tema chiave dei bisogni inconsapevoli.

Chi decide cosa è un bisogno? Se chi ne soffre  non se ne rende conto, come è possibile definirlo un bisogno reale?

I dati scientifici, le analisi sociali e le opinioni politiche concorrono a individuare delle decisioni strategiche che devono indicare i possibili bisogni, ma è la politica che deve sceglierli  in base a un suo progetto di evoluzione personale e sociale.

Le politiche culturali sono il risultato più evidente di queste scelte (si veda il mio post sulle Imprese Culturali).

 

Etimologia dei bisogni

Ma arriviamo al titolo di questo post e facciamolo con un po’ di etimologia.

La parola bisogno deriva dal tardo latino bisonium (i latini dicevano necessitudo).

Bisonium è composto da prefisso bis e dalla parola di origine protogermanica sunnju che significa responsabilità, cura. A sua volta sunnju ha origine nel temine sunjō che significa verità.

 

Senza cadere nella fallacia etimologica, ciò che ci interessa è la relazione concettuale tra bisogno e verità. 

Il bisogno è una verità, una radice oltre la quale non è necessario andare. È la verità che sta dietro ogni comportamento e azione. Identificarla, saperla distinguere da illusioni e da menzogne è la via per trovare delle soluzioni significative.

 

 

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